Approfondimenti

  1. Lungo il fiume Oise

Lavora per masse Ettore Donini: individuato il soggetto, strutturato l’insieme, interviene con colpi di luce, costituiti, in quest’immagine, dalla facciata della casa e dalla bimbetta biancovestita; la luminosità di alcuni particolari rende equilibrata la presenza di masse cromatiche che traducono l’insieme.

Da sottolineare in basso a sinistra, i riquadri costruiti dalle ombre, riquadri solo parzialmente riferibili alla realtà della rappresentazione, ma sostanzialmente un’invenzione linguistica dell’artista. In questo modo la verità emozionale del narrato assume una rilevanza maggiore.

  1. Bretagna

Gli anni ottanta, come appare dalle datazioni, costituiscono gli “anni felici” per il nostro pittore, il periodo di maggior produzione su tela. Donini è appena tornato dalla Francia, si è ritrovato nella sua terra, con le emozioni di una luminosità che la Francia non possedeva; ha ritrovato la sua storia e gli amici, anche se la memoria francese, culturale e stilistica, rimane dominante.

Per questa ragione, Donini quando ritorna in Francia a trovare il figlio, si immerge nella pittura dal vago sapore impressionista; è una pittura di getto, libera e liberata; i colori hanno una rilevanza di verità espressiva, ma vengono utilizzati dall’artista in funzione compositiva: i rosa della terra che si riverberano nel cielo, come gli azzurri del cielo si riverberano sul terreno o nelle macchie del verde: è la lezione, mai scordata, dell’ordine espressivo del grande Maestro di Aix-en-Provence.

  1. Nature morte con pennelli

Realizza le figure, a parte gli autoritratti, più spesso come “quadro nel quadro” che come immagine autonoma; così, lo sfondo di lavoro domestico, dove madre e bimbetta trafficano per qualcosa, diviene macchia chiara che funge da contrasto espressivo alla natura morta, posta in primo piano con il disordine di sempre, l’occasionalità della posa: i pennelli in un boccale assai poco idoneo, un vaso di fiori -un modello a parte- una bottiglia di rosso, e alcuni frutti; attento a trascrivere la verità stagionale dei frutti, la fine dell’estate, quando coesistono melagrane, uva, pannocchie, fichi, ..

Verità di narrato e improvvisazione sembrano i due riferimenti che Donini deriva dall’amata pittura ottocentesca, cui si attiene non solo con la freschezza della pennellata, ma anche con l’organizzazione spontanea delle figure nella rappresentazione.

  1. Natura morta con conchiglia

I frutti sono corposi, come se la pittura ne volesse esprimere la succosità; accavallati alla rinfusa, posti ai piedi di un albero come se fossero appena raccolti, i frutti conservano il vigore della natura nell’ispessirsi della materia pittorica.

Sullo sfondo un paesaggio di pianura, una memoria di Corticelle e di Dello, della campagna di pianura, ma anche una tensione espressiva che sembra respirare il lento muoversi del campo verso uno sfondo carico di misteri e di sottese magie. Come sempre, le Nature morte di Donini sembrano voler declinare in uno sia la verità dello sguardo che la verità del simbolo.

  1. Libri, frutta e lucerna

Donini realizza sovente immagini allungate, composizioni in cui confluiscono numerosi soggetti del suo operare artistico; tali composizioni nascono tanto dalle richieste dei committenti, quanto da una volontà di ampliare i termini del proprio discorso artistico; e proprio per questo, sono opere in cui il ruolo dominante non è legato all’espressività del colore, ma all’armonia dell’intera rappresentazione.

In quest’opera tutto sembra scorrere, come in un’immagine in cinemascope, davanti agli occhi dell’osservatore, ad iniziare dal paesaggio, che attraverso un quadro, apre a sinistra l’opera: lo sfondo è “chiuso” e riportato al primo piano da immagini che fermano lo sguardo: prima il paesaggio, poi un ritratto di figura (rappresentazione poco consueta nella pittura di Donini) e infine una finestra senza luce esterna. Sul tavolo, il consueto lenzuolo bianco, e gli oggetti, sviluppati secondo una linea di luce-ombra: a mano a mano che ci allontaniamo dai libri iniziali, a sinistra, entriamo in una dimensione più scurita, fino alla gerla-cornucopia che offre solo alcuni frutti.

  1. Quattro Muse

Va imparata la lezione della storia pittorica recente; un equilibrio tra l’idea di naturalezza e la composizione ricercata di oggetti accumulati volontariamente sul tavolo di posa. Donini sembra muoversi tra queste due polarità (e basterebbe paragonare queste sue composizioni con l’immagine recente fotografata nel caos ordinato dello studio): gli oggetti, reali e simbolici, rappresentano la sua storia, le sue predilezioni: il libro (d’arte naturalmente), il violino, gli immancabili pennelli e colori, la statuetta di un volto tra la grazia e l’ironia. Il tutto ben disposto su una bianca tovaglia (ma Donini sa che il bianco si muove in relazioni con i colori che lo circondano), e mantenendo lo sfondo su colori che bloccano la profondità e portano ogni oggetto in primo piano.

I frutti sono quelli di stagione, ci possono aiutare a definire il tempo, mentre il vaso, la compostiera e il candelabro appaiono come luoghi consueti del suo sguardo: la pittura è un esercizio di misure ed equilibri che vanno cercati nel ritmo di colori, forme, quantità.

  1. Fruttiera con melagrana

La sottolineatura dei frutti nell’ingrandimento di un particolare richiama due aspetti peculiari nella composizione doniniana: da un lato la presenza del frutto, la melagrana (o melagranata), che ha nella tradizione pittorica la funzione di richiamare simbolicamente la ricchezza (la quantità dei grani color rosso rubino che il frutto contiene e dischiude aprendosi); dall’altro lato la lezione compositiva che viene dalla pittura dell’Ottocento francese: porre un drappo bianco o una tovaglia sotto i frutti per farne risaltare la forma; applicare una rotazione verso l’alto dello sguardo, così da osservare i frutti da un punto di vista più rialzato nei confronti dell’insieme.

Sovente, a questi accorgimenti compositivi sempre presenti, Donini aggiunge l’apertura sul paesaggio, come in questo caso, in una dimensione abbastanza tipica della pittura, e mantenuta in vita per tutta la prima metà del Novecento.

  1. Natura morta, cesto con mele

Abbiamo volutamente lasciato fuori campo il cesto di mele, perchè si voleva sottolineare quel modello rappresentativo così tipico dell’artista bresciano (indiretto omaggio a Cézanne) della natura morta deposta su una bianca tovaglia; ciò gli consente sia la modificazione del colore della tovaglia (che rimane “bianca”, anche se assume i differenti colori che le vengono dai frutti e dagli oggetti), sia la creazione di forme voluminose, così che i frutti abbiano una loro corposità che la posa sul bianco consente e rafforza; un gesto artistico che rinvia agli amori parigini di un decoratore d’interni innamorato della tela e della potenzialità evocativa dell’immagine.

  1. Cascinale presso la Madonna della Stella

Il cascinale è bello, grande, solenne come un monumento. Occupa tutto il piano centrale dell’immagine e dà il colore al quadro che viene ad assumere tonalità color mattone.

E’ un omaggio tutto interno, quello di Donini, un omaggio alla bellezza dei luoghi e alla forza degli uomini che questi luoghi hanno reso produttivi e abitabili; non sembri casuale se mentre sta decorando Villa Badia Piccola, l’ultima grande impresa decorativa della sua vita, si sofferma con la stessa amorevole emozione verso questi manufatti che anche nel volto trascurato mostrano i segni di un indubbio splendore.

  1. Paesaggio con carretto

Un ritorno all’infanzia: Donini, come abbiamo indicato nel titolo, si abbandona dipingendo all’emozione del paesaggio; raramente compaiono le figure, i contadini intenti ai lavori agricoli. L’immagine che viene da questa tela costituisce probabilmente la memoria lontana di un’infanzia trascorsa con gli occhi aperti sul mondo dei campi e lo sguardo sognante. A volte gli capita di ritrovare un luogo, una strada, un carretto, un gesto: incontra cioè una situazione che lo riporta al passato; e probabilmente, arretrando nei confronti della data reale in cui produce l’opera, il pittore dipinge con la mente quegli antichi mestieri, che osservava da ragazzo.

Senza malinconia; con la vivacità che gli animali in primo piano non fanno che confermare; è la vita come era, come forse è ancora in attimi particolari, da cogliere con il sapore di chi ha memoria e cuore.

  1. Lago di Garda da Lonato

Ci basta sottolineare un piccolo particolare per riconoscere gli equilibri formali del pittore: la profondità dell’azzurro del lago che si declina con il lieve intenerimento dei rosa del cielo mattutino, il verde dominante della vegetazione che si innalza di tono attraverso la presenza della striscia gialla e dei tetti rossi di quel cascinale, appena accennato. La magia dei colori, è solo la magia dei colori a rendere poetica l’immagine; e tutto diviene classico, armonioso, tutto ritorna a misura; come è nell’arte, quando il ritmo del cuore riesce a declinarsi con il ritmo della mano.

  1. Vigna presso Le Torbiere

L’emozione del paesaggio: pennellate succose, essenzialità di forme e soggetti; la pittura raggiunge l’essenza, perchè solo attraverso l’essenza raggiunge l’animo dell’artista e del lettore. In fondo siamo più attratti dai colori del cielo che sembra portarsi verso un temporale serale, siamo più attenti a cogliere le ombre violacee che disegnano le montagne come un fondale un po’ cupo, che non a leggere gli aspetti corposi di una vigna che ci parla di Franciacorta e di vitigni; per Donini il paesaggio è quella sintesi interiore di cromie che si accendono, di materie che si aggrumano, come espressione dell’individuale sentimento dell’artista, mentre dietro le lenti, osserva il paesaggio.